
Si serve alla stessa temperatura dei bianchi, ma bianco non è. Ha un buon corpo come i rossi, ma rosso non è. Cos’è? È un rosato unico nello scenario enologico italiano tanto da meritare un nome solo suo: è il Cerasuolo d’Abruzzo.
Cenni storici
Abbiamo notizie sulla sua produzione già da inizio XX secolo. Nell’opera di Ottavi e Manescalchi “Vade -Mecum del commerciante di uve e di vini in Italia”, edizione 1903, si scrive di Vini Cerasuoli prodotti nel chietino. Per molti anni il disciplinare di produzione del Cerasuolo d’Abruzzo è stato incluso nella doc Montepulciano D’Abruzzo e sarà solo con la vendemmia del 2010 che si avrà il riconoscimento della sua unicità con l’istituzione di una DOC specifica.
La vinificazione dei rosati
Iniziamo con il dire che i rosati non sono una via di mezzo tra bianchi e rossi e, assolutamente, non sono il prodotto di un taglio (mescolanza) di vini bianchi con vini rossi anche perché, in Italia, parlando di vini fermi, è espressamente vietato mischiarli per ottenere la nuance voluta.
I vini rosati derivano da uve a bacca rossa e, per il Cerasuolo, dal nostro Montepulciano. Tre sono le tecniche enologiche impiegate e ognuna di queste dona diversa tonalità e carattere ai vini che vi si ottengono. Si può optare per una vinificazione in bianco: i grappoli senza essere pigiati e diraspati sono torchiati o pressati in modo lento e graduale, favorendo un maggior contatto tra mosto liquido e bucce, il primo acquista così una tenue colorazione. La seconda tecnica parte con una vinificazione in rosso per finire con quella in bianco. L’uva, solitamente diraspata e pigiata, è posta a macerare con le proprie bucce per un breve periodo (8-12 ore circa). Al termine, il mosto-vino viene separato e si completa la fermentazione come per i bianchi.




Esiste poi una terza via, per noi storica, che è il salasso. Si preleva, durante le prime ore di macerazione, un po’ di mosto dal tino in cui fermenta il vino rosso, solitamente quello dove si impiegano le uve migliori dell’annata, e si fanno proseguire le due fermentazioni separatamente: una per ottenere appunto il rosso, mentre l’altra prosegue in bianco per ottenere il rosato. Questa tecnica, se non usata come ripiego, dona la possibilità di migliorare la qualità sia del rosso (che risulta più concentrato) sia del rosato perché ottenuto dal miglior mosto della cantina.
La peculiarità del cerasuolo
È chiaro, quindi, che di centrale importanza per la produzione di questo vino fresco e profumato è, oltre alla qualità delle uve, la sensibilità di chi lo produce, la sua storia e la sua visione di questo prodotto unico, versatile, in grado di regalare sensazioni meravigliose.
La veste è rosa ciliegia brillante (come ‘na ciresce- CH) più o meno intensa a seconda delle interpretazioni. Al naso presenta note fruttate delicate di lampone, ciliegia, marasca sotto spirito e floreali, di geranio, garofano e petali di rosa a volte delicatamente speziato. Al palato si presenta fresco, sapido, di corpo, equilibrato e abbastanza persistente, chiude fresco e con note finemente ammandorlate.
In generale si abbina con zuppe di pesce (brodetto vi dice qualcosa?), pesce alla griglia, ma anche salumi delicati, carni bianche arrosto e formaggi di media stagionatura. Sublime con le “Virtù” teramane. Eccelso in accompagnamento al tacchino alla canzanese. Consigliato anche con la pizza. Ideale nelle calde serate estive e immancabile con il pescato locale in autunno.
È sicuramente un eclettico fuoriclasse, ambasciatore di eleganza e complessa semplicità. A noi tutti l’obbligo di non restarne mai senza e cercarne l’interpretazione che più ci soddisfa.
Buona ricerca e buone bevute a tutti.
Giuseppe Ialonardi, FISAR Teramo.