Gli ordini ecclesiastici e il vino

di Giuseppe Ialonardi (estratto dall’intervista realizzata alla Prof.ssa Gallo, Ordinario di Storia Moderna dell’Università di Teramo)

Birre trappiste e birre d’abbazia hanno già conosciuto gli onori delle cronache e sono ormai un prodotto di riconosciuta qualità. Al fianco della birra però dovremo iniziare a fare i conti anche con il vino prodotto in questi luoghi di culto, appartati e pregni di storia. Il marketing e gli elogi di una critica sempre più attenta stanno facendo emergere una produzione che fonda le sue radici molto addietro nel tempo e, che sparsa tra Italia, Francia, Belgio e Olanda conta una cinquantina tra cantine e monasteri. Per saperne di più abbiamo posto alcune domande alla professoressa Francesca Fausta Gallo, Preside della Facoltà di Scienze Politiche e Professore Ordinario di Storia Moderna dell’Università degli Studi di Teramo.

Professoressa Gallo, da dove possiamo partire per capire questo fenomeno?

Sinteticamente, tutto ha inizio durante l’alto medio evo con il disfacimento dell’Impero Romano e con quelle che si è solito definire le “invasioni barbariche”. In questo periodo i territori italici, ma non solo, vengono invasi dalle popolazioni provenienti dal centro e Nord Europa. Vere e proprie migrazioni che lasciarono dietro di sé la distruzione della florida agricoltura presente in età romana. La ripresa e il recupero di questi territori, tanto da un punto di vista sociale che economico, fu svolta dagli ordini religiosi. Dobbiamo ricordare che il cristianesimo era stato riconosciuto dall’Impero Romano e, quando questo si sfalda, la Chiesa oltre ad essere un organismo spirituale e religioso, comincia ad avere anche un significativo ruolo economico. Un fenomeno antichissimo che si colloca agli albori della nascita dell’Europa dei Popoli così come la conosciamo, e che avviene, non solo in Italia, ma anche in altri paesi europei. I primi territori ad essere rioccupati ripopolati sono quelli presenti lungo le vie di comunicazione esistenti, quel famoso reticolato di vie romane che in molti casi percorriamo anche oggi e che spesso sono gli scenari suggestivi dei cammini ancora in voga.

Abbazie, conventi e monasteri che funzione avevano in origine?

Erano luoghi multifunzionali che davano sia ricovero spirituale che materiale. Molti monasteri erano fortificati e avevano funzione difensiva per la comunità che vi si aggregava intorno. Erano un luogo di accoglienza dei pellegrini, non è un caso che la distanza tra un insediamento e l’altro era solitamente percorribile in un giorno di cammino. Non da ultimo, questi luoghi erano soprattutto delle unità produttive. Sotto la gerarchia ecclesiale si riuniva una comunità sostanzialmente contadina che in cambio di difesa e supporto versava tasse, la così detta decima, insieme ai prodotti della terra, principalmente: grano, olio e uva tipici prodotti del bacino mediterraneo, spesso insieme al bestiame e ad altre produzioni autoctone. Possiamo pensare a delle aziende agricole che gestivano spazi che arrivavano ad accorpare territori grandi quanto attuali provincie e in alcuni casi estesi quanto regioni, la cui geografia in molti casi rimase immutata fino alla fine ‘700. Al fianco dell’aspetto economico legato alla produzione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli, i cui ricavati andavano a sostenere la comunità, dobbiamo sottolineare il significato anche religioso-spirituale che assunse il vino. Come sappiamo il vino ha da sempre ricoperto un ruolo centrale, sia dal punto di vista alimentare che simbolico, dai culti di Dioniso in poi. Nelle comunità cristiane acquista un vero e proprio valore sacro: il vino è il sangue di Cristo. La nuova centralità del vino accresce l’importanza dei luoghi che lo producevano e che rifornivano Vescovi, parroci e, più in generale, i luoghi di culto dove veniva officiata la messa.

La Prof.ssa Gallo

Quali furono i primi ordini ad operare sui territori e quale è la loro eredità?

L’ordine Benedettino, con il loro celeberrimo motto ora et labora, fu tra i primi ordini ad occupare questi presìdi ed a iniziare la produzione insieme ai Cistercensi, costola dell’ordine benedettino, che si diffusero soprattutto in Francia nella zona del Bordeaux, controllandola quasi per intero, e ai quali dobbiamo la produzione dell’omonimo vino, certo, non quello che conosciamo noi oggi. A loro l’agricoltura e la ricerca agronomica devono molto. Intanto recuperarono tutto il sapere dell’epoca romana. Furono in grado di preservare la biodiversità dei territori che occupavano, erano molto colti e piaceva loro sperimentare. Il vino era talmente importante per loro che all’interno dei monasteri vi era un Preposto, un monaco che si dedicava esclusivamente alla coltivazione e trasformazione dell’uva. Erano studiosi e dedicavano molto tempo anche alle sperimentazioni riuscendo così ad affinare le tecniche di vinificazione. Alcuni esempi molto famosi e fortunati di cui godiamo ancora oggi sono lo champagne, grazie alle intuizioni del monaco benedettino Pierre Perignon, il campano Lacryma Christi noto già ai romani la cui produzione era opera quasi esclusiva di ordini ecclesiastici o il Montefalco Sagrantino ad opera dei frati francescani che lo utilizzavano per la messa. Sono stati depositari della tradizione in grado di perfezionare le tecniche di coltivazione e produzione sempre nell’ottica di preservare e valorizzare la biodiversità dei territori che amministravano.